Lievito: quale scegliere, quale evitare

Lievito madre, di birra, cremortartaro, bicarbonato di sodio o lieviti istantanei: tante sono le possibilità di scelta per far lievitare preparazioni dolci e salate. Qual’è la più salutare?

Per far lievitare i nostri prodotti da forno, se diamo un'occhiata agli scaffali dei supermercati e dei negozi specializzati, non ci sarebbe che l'imbarazzo della scelta. 

Lievito naturale e chimico: quale scegliere, quale evitare
Lievito

Tuttavia, è bene sapere cosa mettiamo realmente nelle nostre preparazioni, e scegliere consapevolmente i prodotti più salutari, oltre che quelli più utili alla buona riuscita in cucina!


A questo proposito, possiamo innanzitutto distinguere i lieviti in due grandi categorie, quelli naturali (come lievito di birra e pasta madre), e quelli chimici (come cremortaro, bicarbonato d'ammonio o di sodio, acido tartarico e altri).


Ognuno ha le caratteristiche particolari, nonché pregi e difetti.

Andiamo alla ricerca, dunque, della scelta migliore, che riesca a bilanciare meglio le esigenze nutrizionali con quelle della ricetta che vogliamo preparare.


Il lievito di birra.

È così chiamato perché un tempo si ricavava dai residui della fermentazione della birra, oggi, si ottiene attraverso la coltivazione e moltiplicazione di microrganismi viventi, i saccaromiceti (Saccharomyces cerevisiae), funghi microscopici che si trovano anche sulla buccia di alcuni frutti. È un ingrediente ricco di sostanze nutritive, e quello secco, venduto in piccoli granuli, ne contiene una concentrazione anche maggiore di quello fresco, commercializzato in panetti.


Contiene molte proteine ad alto valore biologico, tutte le vitamine del gruppo B ad esclusione della B12, che è prerogativa degli alimenti di origine animale,  infatti, è una delle carenze vitaminiche più diffuse in chi intraprende una dieta vegana), e importanti sali minerali, come magnesio, fosforo, potassio, ferro, calcio e selenio.


I saccaromiceti contenuti nel lievito di birra svolgono la propria azione lievitante facendo fermentare il glucosio e gli altri zuccheri presenti nel nostro impasto, producendo anidride carbonica; questa, a sua volta, aumenta di volume in cottura per effetto dell'alta temperatura e, rimanendo "intrappolata" nell'impasto, grazie anche alla presenza del glutine che forma una maglia a rete elastica, lo gonfia, rendendolo anche più soffice. Il suo pregio è che apporta nutrienti importanti e richiede un minor tempo di lievitazione rispetto al suo diretto "concorrente" naturale, il lievito madre. Però, di contro, risulta meno digeribile di quest'ultimo.


La pasta madre.

Pasta acida, lievito madre, pasta crescente, lievito acido: tanti sono i nomi con cui è conosciuto il metodo di lievitazione che usavano le nostre nonne, e che negli ultimi tempi sempre più si sta riscoprendo e apprezzando.


Il rito della sua preparazione ha un sapore quasi "magico": si mette da parte un pezzo dell'impasto non cotto, si lascia maturare seguendo particolari precauzioni e si riutilizza per la preparazione successiva, mettendone da parte ogni volta un pezzette. Ci sono lieviti madre che, conservati con incredibile cura, vengono tramandati di generazione in generazione.


Al suo interno, oltre ai saccaromiceti, troviamo anche altri microrganismi, come fermenti lattici e acetici, che durante fermentazione sviluppano sostanze aromatiche capaci di conferire al prodotto finale un sapore più ricco.


Come detto, i tempi dì lievitazione sono maggiori rispetto al lievito di birra, ma proprio per questo il lievito madre risulta più digeribile, poiché gli enzimi hanno tutto il tempo di scomporre le macromolecole dell'impasto in nutrienti più semplici. La pasta madre, inoltre è ricca di una microflora batterica che svolge un'azione probiotica, ma molto dipende anche dalla sua corretta conservazione in casa attraverso le necessarie operazioni di "rinfresco".


I lieviti chimici.

Detti anche istantanei, perchè una volta aggiunti all'impasto non richiedono di aspettare la lievitazione prima della cottura, i lieviti chimici sono sostanze in grado di innescare la stessa reazione dei lieviti naturali, ovvero la produzione di anidride carbonica.


Tra questi troviamo il bicarbonato di ammonio (E503), usato perlopiù dalla grande industria dolciaria. A contatto con il calore, libera, oltre ad anidride carbonica, anche ammoniaca, il processo di lievitazione non avviene correttamente, il rischio è che l'ammoniaca non evapori tutta, lasciando un sapore amaro nel prodotto cotto.


Tra gli altri lieviti chimici troviamo il cremortartaro (E336), l'acido tartarico (E334), il bicarbonato di sodio (E500), il carbonato di magnesio (E504), i pirofosfati (E450, E341, E554).


Il  vantaggio dei lieviti chimici è la velocità di preparazione, ma di contro sono sostanze prive di nutrienti e si possono usare solo per le preparazioni dolci, perché fanno lievitare male le preparazioni salate e danno loro un sapore "artificiale".


Inoltre, per correggere il loro sapore, spesso nei prodotti da supermercato troviamo l'aggiunta di vari additivi, come ad esempio la vanillina. Perché usare un aroma artificiale, creato in laboratorio, quando potremmo semplicemente aggiungere all'impasto i semini neri di una profumatissima e autentica bacca di vaniglia?


Parliamoci chiaro: i lieviti chimici sono controllati e regolamentati dalla legge e, in quantità non eccessive non sono nocivi, ma, come detto, sono assolutamente privi di nutrienti, e in alcuni casi possono  interferire con l'assorbimento di alcune sostanze. Per esempio, i pirofosfati possono ridurre l'assorbimento  del  calcio, mentre il bicarbonato di sodio fa assumere un'ulteriore dose di questo oligoelemento che è già fin troppo  presente nella nostra dieta e a cui invece dovremmo fare attenzione.


La scelta dei lieviti.

È chiaro che nessun risparmio di tempo può compensare la genuinità e i valori nutrizionali dei lieviti naturali. A chi non volesse cimentarsi nell'impegnativa lavorazione del lievito madre, consigliamo comunque di sfruttare il lievito di birra.


In fondo, a che serve preparare certe ricette in casa, proprio allo scopo di evitare prodotti industriali poco "controllabili" e zeppi di additivi, se poi non sfruttiamo la possibilità di utilizzare solo ingredienti genuini e naturali?

Come preparare la pasta madre in casa

1) Impastate 200 g di farina, 100 ml di acqua tiepida e un cucchiaino di miele, eseguite un taglio a croce sulla sommità, lasciate riposare, coperto da un canovaccio umido, a temperatura ambiente per due giorni.


2) Prelevate una parte del composto ed aggiungetevi altri 200 g di farina e 100 ml di acqua. Lasciate riposare altre 48 ore con le stesse modalità del punto 1.


3) Trascorse 48 ore, ripetete il punto 2.


4) Trascorse altre 48 ore, ripetete il punto 2, lasciando però riposare soltanto per 24 ore.


5) Ripetete ogni 24 ore per altri 7 giorni.


6) Dopo due settimane dall'inizio della preparazione, la pasta madre sarà pronta.


7) Conservatela in frigorifero ed effettuate successivi rinfreschi di acqua e farina ogni 2/6 giorni.


LIEVITO DI BIRRA COME INTEGRATORE.

Il lievito di birra, contrariamente a quanto spesso si crede, non aiuta nel trattamento dell'acne. La verità è che, anzi, in dosi eccessive può aggravare la malattia.


La presenza delle vitamine del gruppo B e della biotina aiuta invece se si vogliono rinforzare capelli e unghie. Si trova in farmacia, sotto forma di compresse, da assumere nella quantità di circa 400 mg al giorno (solitamente 2 compresse) per un ciclo di 1-2 mesi.


LIEVITO DI BIRRA, CONSIGLI PER L'USO.

Sciogliete il lievito in acqua tiepida (40-45° C). La lievitazione prima della cottura dovrebbe avvenire a una temperatura di circa 30-40° C-, l'umidità dell'ambiente ideale è intorno al 70-80%; evitate di esporre l'impasto a correnti d'aria.


Il lievito di birra secco si conserva per circa un anno in ambiente fresco e asciutto, mentre quello fresco si conserva per circa un mese in frigorifero. Più si avvicina la data di scadenza, meno il lievito sarà attivo.


E per i celiaci?

Il lievito madre, a meno che non sia prodotto a partire da farine non contenenti glutine, non è ovviamente consentito ai celiaci. Discorso diverso invece per il lievito di birra, che è consentito a chi soffre di celiachia, perché al giorno d'oggi non viene preparato davvero a partire dalla birra (che, se prodotta dal malto, contiene glutine), il celiaco deve invece controllare con  attenzione l'etichetta de degli agenti lievitanti chimici, perché possono contenere glutine tra gli ingredienti aggiuntivi.



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