Cibo come farmaco: il principio attivo nel cibo

Cibo e farmaco, proprio perché entrambi contenenti dei principi chimici attivi, possono interferire reciprocamente. Ad esempio, il pompelmo può aumentare l'attività di farmaci per l'ipertensione (calcio-antagonisti), per il colesterolo (statine), per l'ansia o l'insonnia (benzodiazepine), per l'artrite reumatoide (ciclosporina), ecc. 

Cibo come farmaco: Il principio attivo nel cibo

Cibi o bevande acide non vanno usati se si devono assumere alcuni antibiotici. Alimenti ricchi di potassio non vanno assunti in concomitanza con Ace-inibitori (farmaci per la pressione alta e per il cuore).


Il contenuto di calcio del latte riduce l'efficacia delle tetracicline (antibiotici). Caffè, té e cacao sono incompatibili con farmaci per l'asma, per l'ipertensione o farmaci già contenenti caffeina (alcuni analgesici, antinfluenzali e antinfìammatori).


Vedete bene che non sto facendo della fantascienza quando parlo di un'azione biochimica del cibo. E non mi riferisco alle proprietà miracolose di alcune piante o secrezioni di serpenti, mi riferisco alla comune bistecca e al quotidiano piatto di pasta.


Mangiare la pasta a cena anziché a pranzo, con il pomodoro invece del pesto, dopo aver bevuto un caffè dolce o prima di un caffè amaro, può decidere sull'umore depresso o le prestazioni amatoriali.


Prima di proseguire devo riportare una definizione.

Definizione di droga: parte di un vegetale, animale o minerale dotata (per la presenza di principi attivi) di particolari attività biologiche e che pertanto può essere usata a scopo terapeutico. Voglio fare una riflessione su questa definizione.


Tutte le sostanze che noi ingeriamo (compresi i farmaci) hanno un'attività biologica, vengono scisse in molecole assimilabili, penetrano nel sangue, entrano in circolo e sono metabolizzate, scatenando una serie di reazioni biochimiche.


I metaboliti prodotti sono espulsi attraverso le urine e la respirazione. Torniamo alla definizione. Per quanto riguarda la presenza di principio attivo e le particolari attività biologiche,  tutte le sostanze (compreso il cibo) possiedono per forza di cose un'attività biologica.


Bisogna verificare e valutare qual è l'attività biologica che la sostanza svolge, in quale contesto agisce e come si può usare a fini terapeutici.


Vi faccio un esempio: è risaputo che quando ci sentiamo deboli, abbiamo dei capogiri, i brividi...  ci troviamo in uno stato ipoglicemico. Come ci comportiamo?


Assumiamo acqua e zucchero e immediatamente ci sentiamo bene, perché lo zucchero rialza la glicemia nel sangue. Non siamo più in uno stato ipoglicemico e lo sgradevole sintomo scompare in pochi minuti. Anche mangiando un piatto di pasta si alza il tasso glicemico.


Sia lo zucchero sia la pasta hanno risolto una sintomatologia sgradevole che, se sottovalutata, avrebbe potuto arrecare conseguenze più gravi. Il principio attivo in questo caso è la molecola di glucosio contenuta sia nello zucchero che nella pasta.


Va sottolineato che se uso lo zucchero per alzare la glicemia questo stimolerà velocemente la produzione dell'insulina che attiverà una modifica enzimatica a livello del tessuto adiposo ed epatico e innescherà la liposintesi (produzione di grasso da parte delle cellule adipose).


Se io invece, per alzare la glicemia, scelgo la pasta, ingerirò comunque del glucosio, ma lo stesso verrà assorbito dall'intestino molto più lentamente e quindi non stimolerà la produzione di insulina e non verrà attivata la liposintesi ovvero non ingrasserò.


Come potete constatare la stessa molecola, pur essendo comunque utile per alzare la glicemia nel sangue e risolvere lo stato ipoglicemico, se utilizzata con ignoranza può produrre conseguenze metaboliche indesiderate e arrecare ugualmente danni biologici al nostro organismo (potremmo chiamarli "effetti collaterali"). Forse qualcuno, a fronte di una crisi ipoglicemica, può pensare "Sì, va bene, acqua e zucchero mi faranno ingrassare, ma scelgo il male minore".


Questo è un esempio dell'uso in chiave biochimica del cibo. Di questi esempi ne potrei fare centinaia. Ciò che affermo è che bisogna rimboccarsi le maniche e rivedere molti concetti che si danno per acquisiti, con l'intenzione di metterli in discussione per allargare gli orizzonti e continuare ad evolversi.

Tuttavia non so fino a che punto le case farmaceutiche siano d'accordo. Tutte le "molecole" che entrano in contatto con il nostro organismo svolgono, nel bene o nel male, un'azione biochimica.


Il punto è capire quale azione queste sostanze svolgono e come questa si possa sfruttare per risolvere le varie sintomatologie, patologie e stati d'animo negativi, ovvero come servirsi in maniera scientifica e appropriata in chiave biochimica sia del farmaco che del cibo.


Questa è la svolta dogmatica storica per avere un evoluzione medica scientifica e innescare un nuovo futuro in salute negli essere umani. Pensate ai veleni di alcuni insetti e serpenti: da essi si ricavano alcuni farmaci.


Questo esempio può farvi riflettere su quanto detto: l'interazione delle sostanze con l'organismo può prendere una via piuttosto che un'altra, l'uso appropriato delle stesse da parte dell'uomo può essere decisivo in termini di salute o malattia.


Vi voglio far riflettere su un secondo aspetto. Un farmaco contiene il principio attivo e gli eccipienti (come si può leggere in qualsiasi confezione di medicinale). L'eccipiente è una sostanza inerte, priva di azione terapeutica, che ha il mero scopo di favorire la preparazione e la conservazione del prodotto.


Solo le molecole di quello che è chiamato principio attivo sono in grado di scatenare la reazione biochimica voluta, cioè un'azione farmacologica nel nostro organismo che serve a curare e prevenire le malattie. Nel cibo, invece, tutte le molecole di cui è composto hanno una loro specifica azione biochimica e scatenano determinate reazioni biochimiche.


In un alimento tutto può essere considerato principio attivo, non ci sono eccipienti. Questo dovrebbe farvi riflettere. Del resto quanti cibi portano e concorrono all'instaurarsi di patologie più o meno gravi e più o meno croniche!


Possibile che nessuno consideri questo potenziale chimico e quindi biochimico (bio=vita) del cibo, ma tutti si fermino a valutarne solo il potere calorico e cioè la quantità di calore che può sviluppare se combusto a cielo aperto?


È evidente e sensato che si possa e si debba usare il cibo come un farmaco.

Il cibo va usato come farmaco sia per prevenire e curare, che per fornire energia chimica e ristabilire l'equilibrio psicofisiologico e indurre così un benessere generale. Il cibo può avere in questa direzione poteri sorprendenti.

 

"Tutte le creature nascono dal cibo, vivono grazie al cibo e con la morte tornano ad essere cibo. Il cibo governa ogni cosa. Per questo è considerato la medicina di ogni malattia del corpo. Dal cibo nascono tutti gli esseri che, essendo nati, crescono in virtù del cibo. Tutti gli esseri si alimentano del cibo, e dopo la loro morte, è il cibo ad alimentarsi di essi.''

Taittiriya Upanisad


Leggi anche:


L'odore del cibo fa dimagrire


Il cibo e i sensi


Quali sono i cibi afrodisiaci



Scrivi commento

Commenti: 0