L'odore del cibo fa dimagrire

L'odore del cibo può essere utilizzato per dimagrire. È la trovata per la dieta dimagrante facile e viene da un gruppo di studiosi: intensificare l'aroma dei cibi per ridurre la grandezza dei bocconi ingeriti. L'aroma dell'olio extra vergine d'oliva non fa ingrassare".


L'odore del cibo fa dimagrire
L'odore del cibo fa dimagrire

Detta così sembrerebbe un'ovvietà, ma quanto emerge da una recente ricerca condotta dal Technische Universitàt di Monaco (TUM) e dall'Università di Vienna è una scoperta serissima.

 

Secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio basterebbe infatti il profumo dell'olio d'oliva a ridurre l'appetito e, di conseguenza, l'apporto calorico giornaliero.

 

I soggetti che nel corso dell'esperimento avevano mangiato yogurt arricchito con aroma di olio d'oliva infatti mangiavano meno e avevano una miglior tolleranza al glucosio.

 

Studiando le variazioni di determinati ormoni nel sangue, i ricercatori hanno ipotizzato che alcune sostanze aromatiche contenute nell'olio d'oliva possano regolare l'appetito aumentando i livelli ematici di serotonina, un ormone coinvolto, tra le altre cose, nella fisiopatologia dei disturbi dell'umore (depressione).

 

Nella stessa direzione va un'altra ricerca, questa volta americana, che ha messo in evidenza come anche il profumo della menta possa indurci a mangiare di meno. 

 

Interessante notare che i soggetti chiamati ad inalare l'aroma della menta non solo riducevano l'apporto calorico complessivo, ma erano meno attratti dai cibi ricchi di grassi e zuccheri.

 

Che gli odori potessero avere un'influenza diretta sulla secrezione ormonale e, conseguentemente, sui nostri comportamenti, era stato ipotizzato da tempo.

 

Eppure le conoscenze recenti sui meccanismi alla base dell'appetito e sugli ormoni e neurotrasmettitori coinvolti a livello sia centrale (encefalo) che periferico (apparato digerente, olfattivo, gustativo), stanno rivoluzionando il modo in cui potremo gestire il nostro peso corporeo.

 

Fino ad oggi si pensava che fosse una prerogativa del cibo quello di modificare il senso di sazietà, in base al tempo di digestione, alla capacità di riempimento gastrico, alle sue proprietà biochimiche e, non ultimo, emotive (senso di gratificazione). Ma forse il gusto non basta a spiegare tutto.

 

Degli odori sappiamo molto meno dei sapori, ci resta difficile perfino categorizzarli e definirli: non abbiamo nomi per gli odori, ma soltanto aggettivi (gradevole, pungente) o paragoni (odora di...).

 

L'olfatto è un senso fortemente legato aree più profonde ed ancestrali nostro sistema nervoso, tanto ci sono odori che non siamo in grado di percepire coscientemente, ma influenzano fortemente i nostri comportamenti.

 

Non a caso diciamo che una persona è simpatica (o antipatica  a pelle, ovvero per via di sensazioni che non sappiamo spiegare ma che nascerebbero proprio dai segnali che lancia il nostro olfatto.

 

Come avviene con le persone, gli odori sono in grado di darci indicazioni sulla bontà dei cibi: basti pensare al potente segnale di allarme rappresento dall'odore della carne avariata, dalla quale ci teniamo a debita distanza senza bisogno di coinvolgere il senso del gusto o della vista. 

 

Grazie all'esperienza maturata in millenni di evoluzione, possiamo fidarci ciecamente dell'olfatto.

L'odore del cibo, la forza degli odori

Perché preferiamo i cibi dolci piuttosto che salati, ci piace il piccante o andiamo pazzi per il cioccolato? Probabilmente lo dobbiamo ai nostri geni.

 

La scelta dei cibi passa attraverso meccanismi complessi, tra cui spinte socioculturali, abitudini alimentari, necessità di specifici nutrienti e... predisposizione genetica. Prendiamo ad esempio il piccante.

 

La scoperta del peperoncino per noi occidentali è relativamente recente: fu descritto per la prima volta nel 1493 da Peter Martyr ed è uno dei tanti frutti provenienti dalle Americhe. 

 

Si è scoperto che nei confronti della tolleranza al piccante (ma anche all'amaro, ai sapori forti in genere) esistono due profili genetici principali: quello dei "non taster", che potremmo definire insensibili e quello dei "super taster", gli ipersensibili.

 

I primi amano il piccante, percepiscono come piacevole l'amaro e tendono ad ingrassare più facilmente.

 

Al contrario gli ipersensibili non tollerano il peperoncino e allo stesso tempo tendono a tenersi alla larga da broccoli, pompelmi e altri alimenti amari. 

 

Questa sensibilità nei confronti dei sapori forti è dovuta ad un polimorfismo genico.

 

Se siete degli ipersensibili, per coprire i sapori troppo amari aumentatene la sapidità, salandoli in abbondanza.

 

I recettori dell'amaro, infatti, si saturano con facilità: una tavoletta di cioccolato fondente perde molto del suo gusto se mangiata dopo un sacchetto di patatine fritte!

 



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