Non si sa che pesci... mangiare, il pesce è nutriente e fa bene alla salute, anche se...
Il consumo di pesce è un'abitudine nutrizionale diffusa da sempre in tutto il mondo. In passato mari, laghi e fiumi erano ricchi di pesci, cibo abbondante e spesso facilmente reperibile.
Nell'ultimo secolo la pesca prima, e l'allevamento ittico poi, sono diventati una vera e propria industria e, in alcuni casi, il pesce è diventato un simbolo del fast-food (pronto, veloce, comodo: pensiamo al tonno in scatola o ai bastoncini fritti e precotti).
A causa di questi profondi cambiamenti, il consumatore critico si trova a dover rispondere a mille domande qualora voglia mangiare pesce.
C'è innanzitutto l'aspetto nutrizionale: il pesce fa bene? Oppure fa male perché troppo inquinato? E se fa bene, ce ne sarà abbastanza per tutti?
Un gruppo di esperti statunitensi con competenze diverse e complementari (ambiente, nutrizione, tossicologia, ecologia, economia, salute pubblica) nel 2012 ha pubblicato uno studio che ha rivisto tutta la letteratura scientifica e le indicazioni fornite da organizzazioni governative e professionali sul consumo di pesce, proprio per rispondere a queste domande e fornire delle indicazioni univoche sul consumo di pesce.
Tuttavia la conclusione a cui gli studiosi sono arrivati è che è difficile dare delle indicazioni univoche, perché i fattori da tener presenti sono molti e complessi.
L'INQUINAMENTO AMBIENTALE.
Una delle maggiori preoccupazioni del consumatore attento è la possibilità che il pesce contenga sostanze inquinanti. Il più noto inquinante ittico è il metilmercurio, tragicamente noto per la strage di Minamata.
Era il 1938 quando l'industria chimica Chisso Corporation iniziò a sversare nella baia giapponese acque reflue contaminate da metilmercurio.
Lo sversamento continuò ininterrottamente fino al 1968 producendo danni gravissimi all'ambiente.
Questa sostanza tossica si accumulò in pesci, molluschi e crostacei di cui si nutriva la popolazione locale: nel 2001 le vittime ufficialmente riconosciute per la strage di Minamata furono 1784.
Il metilmercurio si accumula specificamente nel pesce e provoca danni al sistema nervoso sia di chi assume il pesce contaminato, sia dei feti le cui mamme assumono pesce.
Questa vicenda portò all'indicazione diffusa di evitare il consumo di pesci potenzialmente contaminati da parte di alcune categorie a rischio (donne in gravidanza o in allattamento e bambini).
In questo modo però si esclude una gran fetta di popolazione potenzialmente non esente dai danni da mercurio.
Per altro alcuni lavori scientifici hanno evidenziato un possibile danno da metilmercurio anche per esposizioni al di sotto della soglia considerata sicura.
Il pesce può inoltre essere contaminato da altri inquinanti come i bifenili policlorurati, che a differenza del metilmercurio, si diffondono nell'aria, nell'acqua e nel terreno, e sono considerati inquinanti persistenti.
Proprio per il fatto di essere così diffusi, gli effetti avversi risultano più difficili da evidenziare.
In ogni caso gli inquinanti tendono ad accumularsi nella catena alimentare, quindi i grandi pesci predatori saranno più inquinati rispetto ai piccoli, e quelli grassi, come gli sgombri e i salmoni, saranno più inquinati di specie con una carne più magra.
Ma guardiamo però l'altro lato della medaglia: dal punto di vista nutrizionale il consumo di pesce comporta un effetto benefico dato soprattutto dal contenuto di acidi grassi polinsaturi
(n-3 LCPUFA, meglio noti come omega-3).
Si tratta di grassi essenziali per il nostro metabolismo e per la stabilità delle membrane cellulari; gli omega-3 hanno un effetto benefico non solo sullo sviluppo del sistema nervoso centrale in epoca perinatale (e da qui il consiglio alle mamme in gravidanza di mangiare pesce), ma anche sulla prevenzione del rischio cardiovascolare.
LA PESCA SOSTENIBILE.
Ma le indicazioni riguardo il consumo di pesce dovrebbero valutare, oltre ai potenziali danni dovuti agli inquinanti e ai benefici nutrizionali, altri due importanti aspetti: quello ecologico e quello economico.
Basandosi sulle conoscenze attuali le indicazioni per la popolazione riguardo il consumo di pesce dovrebbero essere chiare e semplici: bisognerebbe individuare una lista di pesci da mangiare e una di pesci da escludere, tenendo in considerazione non solo le caratteristiche nutrizionali e le possibili contaminazioni, ma anche fattori ecologici ed economici.
Naturalmente le indicazione devono tenere presenti le variabili dovute alla regione in cui si vive (o da cui proviene il pesce che si acquista).
Qualche consiglio spiccio però si può dare: quando possibile evitiamo pesci di grossa taglia come tonno e pesce spada.
Oltre a essere l'ultimo anello della catena alimentare marina, e quindi potenzialmente più inquinati, sono specie in via d'estinzione.
Evitiamo pesce allevato se non conosciamo le tecniche utilizzate dall'azienda che alleva: gli allevamenti ittici utilizzano infatti grandi quantità di antibiotici per permettere la sopravvivenza del pesce in vasche piccole.
Ma esistono forme di acquacoltura più sostenibili che alcuni allevatori stanno sperimentando.
La risposta giusta per noi è il pesce locale di piccola taglia: il pesce azzurro (sardine, alici), ancora abbondante nei nostri mari, ricco di proprietà nutrienti, saporito ed economico.
Fonte: nostre elaborazioni su fonti diverse.
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