Expo 2015: il futuro del cibo

DA MAGGIO A OTTOBRE 2015, MILANO DIVENTA LA CAPITALE MONDIALE DELL'ALIMENTAZIONE. UN'OCCASIONE PER CAPIRE COSA ACCADRÀ NEI PROSSIMI DECENNI TRA INNOVAZIONE E VECCHI PROBLEMI.

Se il cibo è "il vero carburante della storia", allora che cosa succederà nel 2050 quando, secondo le attuali previsioni, sulla Terra saremo in 9,1 miliardi di persone (2 miliardi più di adesso)? Se non modifichiamo il nostro stile di vita, per nutrire l'intera popolazione dovremo aumentare la produzione alimentare del 60%.

Ci sarà davvero cibo per tutti?

Expo 2015: il futuro del cibo
Expo 2015

Paradossi di oggi, più obesi che malnutriti.

Nel mondo d'oggi non si muore solo per fame, ma anche per eccesso di cibo.


Le persone obese o in sovrappeso sono quasi il doppio di quelle denutrite; ogni anno si contano 36 milioni di decessi per denutrizione e 29 milioni per sovralimentazione. (Dati Bcfn).


PER OGNI PERSONA DENUTRITA, CE NE SONO QUASI DUE OBESE O IN SOVRAPPESO.


Per trattare un tema come quello dell'Expo 2015, che guarda al futuro, bisogna partire dal presente, cominciando dai suoi paradossi. Per esempio, dal sorprendente rapporto tra persone denutrite e persone in sovrappeso.

Ma questo non è il solo aspetto incongruente circa la produzione di cibo nel mondo.

La fondazione "Barilla Center for Food & Nutrition" (Bcfn) segnala il problema dello spreco, che arriva a 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti ancora buoni gettati ogni anno nella spazzatura. E potremmo avere ancora più cibo a disposizione se non destinassimo all'alimentazione dei bovini e alla produzione di biocarburante, alternativo a quello ottenuto dal petrolio, quasi il 40% produzione mondiale di orzo e grano.


Per quanto riguarda l'alimentazione degli animali da carne si prevede un contenimento dei consumi e quindi una minore richiesta di cereali per i mangimi; ma sul versante energetico già nei prossimi 5 anni, crescerà del 15% la quantità di orzo e grano lavorati per ottenere carburanti alternativi.


Oltre a ciò, se a causa dell'effetto serra le regioni meridionali diventeranno più aride, molte coltivazioni si sposteranno a nord: questo processo richiederà più fertilizzanti per rendere adatte alla nuove coltivazioni terreni non vocati dando però raccolti inferiori anche del 20%.


Filiere alimentari modificate.

Il mondo sta cambiando: la popolazione aumenta, vive più lungo e lascia le campagne per le città. Mutano gli equilibri geopolitici, soprattutto per la crescita di paesi emergenti, come Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.


La domanda di derrate alimentari è destinata a crescere e il controllo delle fonti alimentari sarà uno strumento di potere del futuro. Cresce lo sfruttamento delle risorse naturali, quindi aumentano i problemi legati al consumo di suolo e acqua.


In parallelo, si sviluppano nuove tecniche che possono portare importanti cambiamenti nella filiera alimentare: le nanotecnologie, che operano sui microorganismi, permetteranno di modificare gli ingredienti alimentari a livello molecolare; le tecniche di miglioramento dei vegetali basate sul sequenziamento del Dna consentiranno di modificare le piante (ad esempio eliminare dai fagioli i composti che provocano gonfiore addominale) senza inserire geni estranei.


Pasta al dente addio.

Tutto questo porterà qualche cambiamento nel nostro menu. Per esempio, si prevede che la pasta del futuro difficilmente sarà al dente. Un esperimento condotto dal Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) ha evidenziato che con l'aumentare dell'anidride carbonica nell'aria il grano perde proteine, quindi la pasta tiene meno la cottura.


L'effetto serra non riguarda solo la terra, ma anche mari e oceani. Acque più calde scombussolano i cicli riproduttivi di molte specie di pesci, crostacei e molluschi; così gamberetti e orate, merluzzi e vongole diventeranno più scarsi e costosi.


Una sorte che riguarderà anche il cacao, il caffè e il vino: tutte produzioni che non reggono un clima più caldo dell'attuale. Come si è già visto, calerà anche il consumo di carne rossa perché gli allevamenti bovini coprono estensioni di terra troppo ampie, producono molte emissioni nocive (come i gas serra) e richiedono un'eccessiva produzione di cereali per i mangimi.


Per soddisfare la crescente "fame" di carne degli uomini non ci basterà consumare più pollo; perciò, in diverse parti del mondo si sta studiando come produrre bistecche e hamburger "artificiali" in vari modi, ad esempio costruendola in laboratorio a partire da cellule staminali o da muscolo bovino.

Tecnologia, alghe e... insetti.

Niente pillole insapori o compresse colorate: il cibo del futuro sarà diverso da quello dei film di fantascienza, ma la tecnologia farà la sua parte. Coltiveremo valeriana e cetrioli in piccole serre domestiche dove frutta e verdura crescono in acqua fertilizzata anziché nella terra, come già fanno molti grandi produttori ortofrutticoli (ad esempio in Olanda).


Produrremo noi stessi il cibo preferito partendo da ingredienti in capsula e usando le cosiddette stampanti 3D; questi apparecchi, già in commercio, permetto di creare alimenti della forma preferita, dalle barrette di cioccolato fino alla pasta e ai ravioli.


Nel menu del 2050 ci saranno molti cibi noti ma anche parecchi alimenti "nuovi".


Continueremo a mettere nel piatto soprattutto frutta, verdure, cereali e legumi.


Privilegiando alimenti di origine vegetale ci prenderemo cura della nostra salute e di quella dell'ambiente migliorando la fertilità dei terreni e tutelando le riserve idriche. Ma nel futuro porteremo in tavola anche alimenti meno abituali, come il latte di caramella o le meduse disidratate, abbondanti in natura ma oggi non valorizzati.


Molto "quotate" anche le alghe, che già sono alla base dell'alimentazione di molti paesi asiatici: ne esistono 10.000 varietà, che potrebbero anche essere coltivate negli oceani e servirebbero sia a nutrire uomini e animali, sia a produrre biocarburanti.


E poi assaggeremo formaggi fatti solo di proteine vegetali, verdure arricchite di batteri che le rendono più facilmente assimilabili. Ma inizieremo anche ad apprezzare gli insetti, che, del resto, sono già consumati abitualmente in vaste regioni del mondo.


Bruchi e grilli, cavallette e termiti hanno molti pregi: sono un'ottima fonte di proteine senza i grassi della carne, sono abbondanti in natura e a buon mercato.

E anche il gusto non sembra così male.

Le previsioni da qui al 2050, questo pianeta ci basterà?

La quantità di cibo consumata oggi ha già superato quella che il nostro pianeta riesce attualmente a rigenerare. Per continuare a mantenere lo stile di vita corrente, si calcola che avremmo presto bisogno di mezzo pianeta in più e che, nel 2050, servirebbero addirittura tre pianeti.


In questa prospettiva, diventano importanti metodi di coltura biologica e biodinamica, che permettono dì non impoverire troppo i terreni. La Fao invita a "produrre di più con meno" e si rivolge ai piccoli contadini dei Paesi in via di sviluppo, spingendoli a recuperare colture e sistemi agricoli tradizionali.


Accanto al ritorno a questi sistemi, si stanno sviluppando nuove tecnologie per produrre di più, spendendo meno e rispettando la natura; ne è un esempio l'agricoltura di precisione condotta con droni, sensori, robot e sonde per ridurre al minimo l'uso di agrofarmaci e fertilizzanti, in modo da nutrire le coltivazioni preservando il suolo e l'ecosistema.


Un po' più vegetariani.

Non saranno solo i vegetariani preferire frutta, verdura e ortaggi, specialmente quelli locali e di stagione. Lo si dovrà fare per puntare su un'agricoltura più sostenibile per l'ambiente e per l'economia.


Carnivori sì, però...

Non calerà il consumo di proteine animali, ma diminuirà la produzione di carne rossa. Ciò per l'alto fabbisogno di cereali per i mangimi e per l'elevata emissione di gas serra degli allevamenti.


Con il caldo poco grano.

L'innalzamento delle temperature previsto dagli esperti renderà più difficile la coltivazione del grano. Si calcola che per il 2050 l'area mediterranea ne produrrà il 20% meno di oggi.


CALORIE BRUCIATE.

Solo poco più della metà delle calorie (55%) prodotte nel mondo viene utilizzata per l'alimentazione, il 45% serve per la produzione di mangimi e biocarburante; una percentuale che sale al 61% per l'Unione Europea e all'82% per gli Stati Uniti.


LA TECNOLOGIA CI AIUTERÀ.

Francesco Bonomi, docente di biochimica alla facoltà di Agraria dell'università di Milano è membro del "Gruppo di lavoro Expo2015" dell'ateneo milanese.


Come si vince la sfida di nutrire il pianeta?

Con un uso più oculato delle due risorse più preziose: acqua e terra. Dovremo incrementare la produttività delle terre coltivate, che diminuiranno per la pressione demografica e i cambiamenti climatici. Un altro obiettivo è ridurre lo spreco di cibo e delle materie prime.


È davvero possibile innovare nel campo, dell'alimentazione?

Certo. Fin dagli albori della civiltà l'uomo ha cercato di migliorare il cibo, anche modificandolo. Oggi, la tecnologia consente di "inventare" nuovi prodotti e di migliorare la conservazione di alimenti. Ma innovare significa anche attingere a materie prime finora sottoutilizzate, che magari arrivano dai Paesi emergenti.


Ci sono dei luoghi comuni sul cibo che vanno sfatati?

Sì, per esempio quello per cui il cibo del contadino è buono e genuino mentre quello delle grandi industrie non lo è. Non è proprio così. Un alimento che proviene da una grande industria è più controllato e quindi garantito di quello del contadino. Il problema non sta nella provenienza della materia prima, ma nel fatto che il produttore ne garantisca la qualità.


Può fare un esempio?

Pensiamo alla pasta italiana: è considerata, a ragione, la migliore al mondo, anche se in gran parte è fatta con grano importato; questo è possibile perché i produttori usano materia prima di una qualità che mantengono in tutte le fasi del processo produttivo.


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