Farmaci equivalenti: pregiudizi e inesattezze

Anno dopo anno aumenta la fiducia del cittadino nei riguardi dei farmaci equivalenti, come dimostrano sia i dati di mercato, sia le indagini sulle opinioni dei consumatori. Eppure capita ancora di sentire esprimere pregiudizi e inesattezze, che cerchiamo di sfatare, con l'autorevole aiuto del professor Silvio Garattini.


Farmaci equivalenti: tutto quello che devi sapere
Medicinali equivalenti

In modo lento, ma costante, il farmaco equivalente riesce a conquistare, anno dopo anno, la fiducia dei pazienti e a farsi strada nella loro stima.

 

Aumenta, infatti, non soltanto il numero degli italiani che lo utilizzano, ma anche il grado di apprezzamento da loro espresso, insieme con il conseguente incremento dei consumi.

 

Tutto questo dimostra come si stia affievolendo il peso dei pregiudizi diffusi alta sua comparsa e legati a più fattori.

Per esempio, sono mancate alla sua introduzione le campagne stampa che erano state promesse dalla parte pubblica per favorirne il ricorso, così come si sono inizialmente diffuse informazioni distorte e spesso tendenziose.

 

Ma un peso non irrilevante va anche attribuito a quella dizione di "generico", che dava al consumatore l'errata sensazione di trovarsi di fronte a un prodotto "qualunque", meno prezioso e, quindi, meno efficace rispetto al farmaco di marca.

 

In realtà si chiama così perché riporta la Denominazione comune internazionale (Dci), che è la contrazione del nome chimico del principio attivo, e non per una presunta connotazione del suo valore o della sua qualità. Vale la pena allora ricordare quanto detto dal professor Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, a riprova che il farmaco equivalente è la copia di un medicinale di marca che ha perso il brevetto, e che l'uso nella comunicazione della parola "generico" è stata, oltre che erronea, anche fuorviante.

 

"Quello che di generico effettivamente in questi farmaci troviamo -ha precisato- è il loro nome, non il prodotto in sé. La dizione corretta e completa sarebbe "farmaco dal nome generico" e non "farmaco generico": se questo aspetto fondamentale venisse finalmente compreso dagli italiani, molti equivoci, dubbi e perplessità verrebbero definitivamente sciolti".

 

Dubbi ed equivoci che si è cercato poi di superare sostituendo la parola "generico" con quella di "equivalente", che più correttamente da il senso di un prodotto che presenta le stesse caratteristiche di quello copiato.

 

"La letteratura -conferma peraltro il professor Silvio Garattini- dal canto suo ha fatto e continua a fare il resto: è stato più e più volte dimostrato che i farmaci generici o meglio, gli equivalenti funzionano esattamente come i farmaci griffati".

 

Ormai, a distanza di anni, ogni perplessità dovrebbe essere sparita. Eppure rimane pur sempre una frangia di consumatori che continuano a cadere nei vecchi pregiudizi. E allora ricordiamoli uno per uno, facendo ricorso a quanto la scienza farmacologica ormai ritiene consolidato. Speriamo così di chiarire, una volta per tutte, ogni possibile dubbio.

Farmaci equivalenti: i falsi miti.

1. Il farmaco generico, rispetto a quello "di marca", contiene il 20% di principio attivo in meno. Falso!

I farmaci equivalenti contengono la stessa quantità di principio attivo e sono gli stessi Ministero della Salute e Agenzia del farmaco (Aifa) a garantirlo. La composizione quali/quantitativa in principi attivi è, infatti, la medesima del farmaco di inarca. Quello che può variare è la biodisponibilità, cioè la velocità con cui il principio attivo viene as­sorbito nel sangue dopo un certo intervallo di tempo.

 

Si tratta di un parametro che cambia da persona a persona: pazienti con peso diverso o con abitudini alimentari differenti, anche qualora assumessero lo stesso farmaco "di marca", avrebbero nel sangue una diversa disponibilità di principio attivo. Questo intervallo rispecchia la normale variabilità in persone diverse che prendono gli stessi medicinali, o in una persona che prenda lo stesso farmaco in momenti diversi. Le differenze relativa alla biodisponibilità non hanno alcun impatto sull'efficacia del farmaco.

 

2. Sono prodotti da case farmaceutiche di scarsa qualità. Falso!

La qualità è un principio che va rispettato da tutte le case farmaceutiche ed è l'Aifa

(Agenzia italiana del farmaco) che garantisce il controllo di questo requisito. Pertanto, tutte le aziende farmaceutiche sottostanno alle medesime regole di qualità imposte dalla normativa europea.

 

3.Questi formaci provocano più di frequente effetti collaterali indesiderati. Falso!

Non vi è alcuna prova scientifica che supporti questa tesi e non sono mai state riportate differenze tra i farmaci a marchio e gli equivalenti.

 

4.Si chiama "generico" perché costa meno e funziona meno. Falso!

Il farmaco equivalente costa di meno rispetto all'originale perché, essendo scaduto il brevetto, può essere prodotto e commercializzato senza alcun costo per la ricerca sul principio attivo. Costi inferiori non significano però qualità inferiore. Infatti, ogni azienda che produce fermaci equivalenti deve per legge garantire la bio-equivalenza rispetto al farmaco originale e la verifica di questi requisiti è attuata direttamente dall'Alfa.

 

5.Chi passa al generico rischia di fallire il trattamento. Falso!

Anche in questo caso non esiste alcuna prova scientifica. D'altra parte, va sempre ricordato che il farmaco equivalente contiene la stessa quantità di principio attivo del farmaco "di marca".

 

6. Ci mettono più tempo a fare effetto. Falso!

Per ottenere dall'Alfa l'autorizzazione all'immissione in commercio, l'azienda produttrice deve dimostrare che il farmaco ha la stessa efficacia e sicurezza del medicinale di marca. Questo significa che deve rendere disponibile, nel sito d'azione, la stessa concentrazione di farmaco attivo con la stessa velocità del farmaco di riferimento.

 

7. Il medico e il farmacista vogliono che io scelga il generico solamente per farmi risparmiare. Falso!

Il medico e il farmacista sanno che il farmaco equivalente -come dice il nome- equivale al farmaco di marca. Così, quando suggeriscono l'equivalente lo fanno perché desiderano che i pazienti assumano farmaci sicuri, efficaci e accessibili.

 

8. Chiamare i farmaci per principio attivo è una complicazione inutile. Falso!

Utilizzare la Denominazione comune internazionale (Dci) permette di conoscere il nome del principio attivo presente nel prodotto, che è riconoscibile in tutto il mondo. Non vi è mai capitato, nella confusione dei preparativi per le vacanze, di lasciare a casa un farmaco di cui avete solitamente bisogno? Ebbene, se siete all'estero, il nome del farmaco di marca potrebbe essere diverso, ma non di certo quello del suo principio attivo.

 

Per approfondire: Medicinali equivalenti: la nuova guida AIFA

 


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