Carboidrati e fibre nella dieta mediterranea

Macronutrienti e fibra nella dieta mediterranea
Macronutrienti

Conviene precisare che per macronutrienti si intendono quei princìpi alimentari (proteine, lipidi, carboidrati, alcol) che devono figurare nella dieta mediterranea in quantità cospicue, ma percentualmente corrette, se si vuole realizzare un programma nutrizionale equilibrato e quindi adatto a prevenire l'insorgenza di malattie, specie dismetaboliche.


Nella dieta mediterranea, negli anni sessanta, l'apporto energetico giornaliero pro capite dovuto alle proteine era dell'11% circa di quello complessivo.


Tale apporto, alquanto contenuto, si componeva per il 64% di proteine vegetali (provenienti da cereali, ortaggi e altre fonti vegetali, esclusi i legumi), per il 4% di legumi, e per il 32% di proteine animali.

 

Ora, sapendo che le proteine vegetali, in particolare quelle derivate dai legumi, ritardano l'insorgenza e lo sviluppo nei vasi delle placche aterosclerotiche, possiamo esprimere sulla composizione proteica di questa dieta un parere estremamente positivo.

 

Si è infatti dimostrato che le proteine vegetali hanno l'effetto di abbassare la concentrazione di colesterolo nel sangue, per la probabile inibizione parziale dell'assorbimento intestinale del colesterolo alimentare e l'aumento dell'attività dei recettori, presenti soprattutto sulla membrana esterna delle cellule del fegato destinate alla demolizione delle lipoproteine LDL (lipoproteine con funzione aterogena).

 

Inoltre le proteine vegetali sembrano anche possedere la capacità di modulare il metabolismo lipidico diminuendo la risposta insulinica all'ingestione di glucidi.


Da ciò si comprende come un regime alimentare ideale debba contenere le proteine vegetali in un rapporto con quelle animali maggiore di 2 (tale rapporto nella dieta mediterranea è 2,15): in altre parole, la quantità di proteine vegetali ingerita dovrebbe essere almeno il doppio di quella delle proteine animali.

 

Sembra anche che utilizzando sistematicamente fonti proteiche vegetali povere soprattutto di grassi saturi, si possa ridurre l'insorgenza dei processi cancerogeni.


Non bisogna però trarre da quanto detto conclusioni troppo affrettate, anche perché le fonti proteiche vegetali, se usate in modo esclusivo, presentano dei limiti per la mancanza o l'insufficienza di alcuni aminoacidi essenziali.

 

Per di più, l'elevata quantità di fibra e di acido fitico che si trova in questi alimenti può deprimere l'assorbimento intestinale di alcuni minerali (ad esempio ferro, calcio, zinco), e indurre, nelle persone che si trovano in particolari situazioni fisiologiche e/o patologiche, preoccupanti stati di demineralizzazione.

 

La soluzione ideale consiste quindi nell'introdurre in alta percentuale proteine vegetali senza escludere quelle animali. Ciò è mirabilmente espresso nella dieta mediterranea.

Carboidrati, fibra e lipidi

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Negli anni Sessanta, i lipidi totali erano presenti nella percentuale energetica del 31% circa, percentuale che, a prima vista, può sembrare un po' elevata nonostante i più recenti studi indichino che è controproducente scendere troppo al di sotto del 30% a favore dei carboidrati: in quantità troppo elevata, infatti, questi principi tendono a far abbassare la quantità di lipoproteine protettive HDL e a innalzare quella delle VLDL (lipoproteine contenenti una elevatissima quantità di trigliceridi e implicate nell'insorgenza dei processi aterosclerotici), con conseguente aumento della concentrazione di trigliceridi nel sangue ( ipertrigliceridemìa).

 

Alla composizione lipidica della dieta va rivolta grande attenzione perché, a seconda dell'origine dei grassi, variano le potenzialità aterogene e cancerogene di una dieta.

 

Nella dieta mediterranea, il 73% dei lipidi totali era di origine vegetale, il 23% di origine animale e circa il 4% di origine marina (da pesci), con un rapporto ottimale fra lipidi vegetali e lipidi animali, pari a circa 2,75: in altre parole, la quantità di lipidi di origine vegetale era all'incirca il triplo di quella dei lipidi di origine animale.


Se poi analizziamo il contenuto in acidi grassi, troviamo che il 64% era costituito da monoinsaturi, l'11% da polinsaturi e il 25% da saturi.

 

Questo armonico e vantaggiosissimo assetto distributivo, che vede il prevalere assoluto dei monoinsaturi sui polinsaturi e saturi, era dovuto essenzialmente all'uso dell'olio d'oliva come unico e insostituibile grasso di condimento.


Un altro aspetto fondamentale da considerare per valutare l'efficacia protettiva di questa dieta è il suo rapporto fra acidi grassi polinsaturi della serie (0-6 e acidi grassi polinsaturi della serie CO-3.

 

Sulla base di numerose indagini epidemiologiche e sperimentali, questo rapporto risulta ottimale (4,4) per un'efficiente regolazione dei meccanismi piastrinici legati alla coagulazione del sangue. Il colesterolo era apportato in quantità limitata (205 mg al giorno).

Quanto ai carboidrati si può osservare che il loro contributo energetico rispetto a quello totale era del 58% circa, di cui l'80% era formato da glucidi quasi tutti complessi forniti da cereali, il 5% ancora da glucidi in gran parte complessi dati da ortaggi e frutta, il 2% da glucidi semplici estratti industrialmente (saccarosio, glucosio, fruttosio, mannosio ecc.), l'l% da tuberi e il 12% circa da altre fonti.


Le caratteristiche più importanti erano:

la presenza in elevata percentuale di carboidrati complessi, in particolare derivati da cereali;

il moderato quantitativo di glucidi semplici (8% circa del totale), per di più associati (67% circa) a fibra. A tale combinazione si deve il loro modesto indice glicemico.

 

La fibra

Era contenuta in buona quantità, anche se non eccessiva (28 g al giorno). Gran parte di essa, però, era di tipo idrosolubile (cioè costituita da pectine, emicellulose, mucillagini, gomme ecc.), capace di formare con l'acqua soluzioni viscose che limitano l'assorbimento intestinale di numerose sostanze quali glucosio, acidi grassi, colesterolo ecc.

 

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